La bella burocrate

Di Helen Phillips


L’idea distopica non futuristica è bella e all’inizio prende con la sua atmosfera di precarietà della coppia protagonista e di disagio sottile ma non eclatante sul luogo di lavoro.

Non posso dire altrettanto bene del resto dello svolgimento, un po’ piatto a metà libro e difficile da comprendere fino all’inverosimiglianza alla fine. Anche le serie di parole allitteranti con cui ogni tanto spezza la narrazione sono simpatiche all’inizio, ma poi stufano un tantino (in questo probabilmente gioca la traduzione, magari quelle in lingua originale sono più gustose).

Complessivamente mi ha deluso.


In un edificio privo di finestre in un remoto quartiere di un’immensa città, la nuova assunta Josephine immette una serie infinita di numeri in un programma conosciuto solo come Database. Mentre i giorni si inanellano l’uno all’altro insieme alle pile di indecifrabili documenti, Josephine sente nascere dentro di sé un’inquietudine sempre più sottile e penetrante. Dopo l’inspiegabile sparizione di suo marito, in un crescendo vertiginoso Josephine scoprirà che la sua paura, divenuta oramai terrore, era pienamente giustificata.

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