Real Mars

di Alessandro Vietti


Appena finito… wow. Real Mars ti tiene davvero incollato alle pagine. La storia non fa un piega, i protagonisti hanno personalità nettamente definite, ne segui la parabola con interesse, ti rimangono in mente. Poi inizi a farti delle domande… cos’ho letto, un romanzo di fantascienza? Non tanto, perché alla fine tutto accade in una nave spaziale ma potrebbe essere qualunque altro luogo. Un distopico? Magari. Invece è così reale, così attuale da risultare… critica sociale? Ecco, forse è questa la chiave del romanzo. La missione su Marte, l’impresa più epica dell’umanità (so far) trasformata per ovvie questioni di budget in un ‘reality show’ draga-soldi. Distopia? Forse un pochino, ma neanche, dato che proprio in questi giorni Elon Musk vende magliette ‘Nuke Mars’ convinto com’è che qualche testata nucleare sganciata ai poli del pianeta rosso potrebbe essere sufficiente ad avviare la sua terra-formazione. E alla fine, che ti resta? L’idea di un romanzo geniale, forse un pelo confusionario a causa dei molti personaggi secondari introdotti e scartati nel corso del racconto, forse un po’ troppo insistito nella fase centrale, ma comunque geniale. Come in tutta la satira ben fatta, perché questo è alla fine, ti fa ridere e sorridere, ti fa piangere, ma poi ti accorgi che il giullare in fondo stava parlando di te. Sì, proprio di te, che ti abbrutisci di televisione spazzatura e segui i consigli per gli acquisti come un merlo e voti certi partiti il cui segretario fa le linguacce sulla spiaggia. E poi ti costringe a farti altre domande: dove finiremo se tutti si comportano così? Bravo, Alessandro Vietti, c’è tanta roba nel suo libro, c’è la dimostrazione che la fantascienza non è una stupidaggine per bambini o nerd, c’è la sensazione di aver letto qualcosa che prima non c’era e che ora che l’hai letto sei cambiato. Tanto, poco? Non importa. L’importante è che questo libro fa una magia che solo i capolavori sanno fare. Sono stato troppo elegiaco? Okay. Avrei voluto meno personaggi di contorno, una maggiore internazionalizzazione dei riferimenti subculturali, pubblicità più brevi… dettagli. Questo rimane uno dei più bei libri di (non) fantascienza degli ultimi anni.


“Per molto tempo la domanda ricorrente – e anche un po’ irritante – che mi veniva continuamente rivolta fu: ‘Perché dovremmo spendere tutti questi soldi per andare su Marte, quando siamo così nella merda qui sulla Terra?’ E tutto il mio bla bla bla sulla cultura, l’impresa, la storia, la speranza convinceva pochi. Poi, quando tutto sembrava perduto, sopraggiunse un’altra risposta, che non diedi io, ma che d’incanto per la prima volta convinse tutti. Non era per piantare una stupida bandiera. Né per cercare la vita extraterrestre. Né per vedere se un cielo può essere davvero rosa. E nemmeno per fotografare l’impronta della suola di uno scarpone sulla sabbia rossa. Niente di tutto questo, ovviamente. O meglio, a me piace pensare che furono tutte queste e molte altre cose insieme. Perché il motivo per cui spendemmo tutti quei soldi per andare su Marte fu uno solo: emozionarci. E alla fine ci emozionammo. Troppo.” (da Mars Show di Jeremiah Kunitsch) “Cosa stai aspettando? Sali a bordo anche tu insieme con Kostantin, Ettore, Ulrike e Therèse e lasciati trasportare nelle remote profondità dello spazio! Spingiti anche tu là dove nessuno è mai giunto prima! Perché in viaggio non ci sono solo loro: a bordo puoi esserci anche tu, a emozionarti e a vivere la più grande avventura della storia dell’umanità. Puoi perdere un’occasione del genere? Vieni, presto, la Storia ti aspetta!” (da un promo di Real Mars)

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