Il cardellino

di Donna Tartt


Devo a un consiglio dell’amico Giovanni Ponzone L’essermi cimentato con questo tomo. Sì, perché il Cardellino è un libro davvero lungo, ma per lo più non lo fa sentire, grazie alla prosa della Tartt ottimamente tradotta da Mirko Zilahy de Gyurgyokai. Il peso non si sente perché l’interesse è sempre tenuto alto, solo verso la fine ho percepito un passaggio psichedelico eccessivamente insistito, e nel mezzo c’è tanto, tantissimo: una storia, più storie e poi citazioni, digressioni, messi di personaggi peraltro tutti molto ben descritti. Non c’è una figura principale che sia tratteggiata male o in fretta; forse qualcuno è un po’ stereotipato, ma nessuno è piatto. A volte capita di ricevere un colpetto all’incredulità a causa dell’eccessiva densità degli eventi: troppo per una sola persona, troppo per una sola vita. Ma poi la prosa scorre e si dimentica presto. Se devo trovare un difetto al libro, è la quantità: il Cardellino non è nouvelle cuisine, le porzioni sono abbondanti come nella peggiore trattoria di paese. Ci si alza da tavola con la testa che gira e la pancia che scoppia, consci che non si potrà mai tenere a mente tutta l’enciclopedia che ci è passata davanti agli occhi. Non di meno, il Cardellino è un libro che non si dimentica, né lo è il suo protagonista Theo. Questo, in un mare di libri usa e getta, è un valore di per sé perché lascia la piacevole sensazione di non aver gettato il tempo speso nella lettura.


La storia di Theo Decker, sopravvissuto, appena tredicenne, all’attentato terroristico che in un istante manda in pezzi la sua vita. Solo a New York, senza parenti né un posto dove stare, viene accolto dalla ricca famiglia di un suo compagno di scuola. A disagio nella sua nuova casa di Park Avenue, isolato dagli amici e tormentato dalla nostalgia per la madre, l’unica cosa che riesce a consolarlo è un piccolo quadro dal fascino singolare. E da lì, il suo futuro diventa una rocambolesca giravolta tra salotti chic, amori e criminalità, guidato da una pulsione autodistruttiva, impossibile da controllare.

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