I misteri di Borgoladro

di Filippo Semplici


Sono stato incuriosito dal titolo, dalla quarta e dalle buone recensioni. Quasi mi aspettavo un Vichi, un Machiavelli, ma mi accoglie un prologo zeppo di luoghi comuni che raggiunge l’apice quando la ‘gonna di pelle pregiata’ si trasforma in ‘al diavolo il tailleur che si sarebbe gualcito’, passando per la lunga descrizione della luce di un laptop (dovrebbe interessarmi?) nel primissimo paragrafo, e poi labbra carnose, gambe lunghe, ciglia lunghe e affusolate (davvero?), naso perfetto (perfetto come?). Vabbè, dico, il prologo sarà venuto male, ma il libro mi interessa, proseguo al vero incipit.

“Il paese comparve dietro l’ultima curva che concludeva un groviglio di tornanti. Sembrava stampato sopra il paesaggio, come una cartolina in sovrimpressione, nitido sotto il cielo limpido d’estate. Non era altro che uno strascico di casette ammassate le une contro le altre, che cresceva nel punto più alto di un promontorio poco distante.”

Eh? Ora, questo mi pare un luminoso esempio di ciò che non si dovrebbe fare in una descrizione, soprattutto all’inizio di un romanzo. Per quanto mi sforzi, la sterile scelta di parole a effetto non mi fornisce alcuna immagine che non si possa ottenere con “c’era un paese in cima a un promontorio”. Ma diamine, l’ho comprato e io finisco sempre i libri, continuiamo. Al secondo capitolo, dopo un po’ di prosa che non mi conquista, vengo travolto da un pippone senza fine sul carattere di lui e il carattere di lei, di lui e di lei, ancora di lui e poi di lei, che si conclude con “Ma si amavano. E questo bastava.” Non sono un fanatico dello ‘show don’t tell’, ma i personaggi mi piace conoscerli per le loro azioni, per le loro parole, non vederli enunciare e poi rimanere trasparenti. Niente da fare, il patto col lettore non si sta sviluppando, ma insisto. A un certo bel punto, mentre un anziano omone toscano urlerebbe “Stiamo arrivaaando piccionciiini!” e il protagonista penserebbe di rimando “Che tu sia maledetto!”, entriamo nella testa di quest’ultimo che, mentre corre per salvarsi la vita, ci delizia con le sue considerazioni su regione e intelletto, sulla soluzione pacifica dei problemi, su Ghandi, sulla natura bestiale dell’uomo fino ad azzardarsi a sostenere che quell’emozione lo scuote (fa godere?) dalla nuca all’inguine. Non ce la posso fare. In questa sede non posso riportare tutte le parole mal scelte (“il latrato… fagocitava qualsiasi altro suono e vibrava nella testa di Orlando come il suono di mille diapason”), tutti i dialoghi forzati, le virgole discutibili o ne verrebbe fuori un articolo più lungo del libro. Fatto è che più mi addentro e più il mio senso critico si alza a causa di ingenuità stilistiche e formali che non dovrebbero passare il filtro degli editor di una rinomata casa editrice. Mi spiace per l’autore, ma si trova di meglio nel selfpublishing. Mi spiace meno per la casa editrice, che dovrebbe dedicare più tempo a selezionare i contenuti e meno a concepire fascette acchiappa-occhi (e allocchi?) e finte citazioni prive di autore in quarta di copertina. L’idea in sé è buona, la realizzazione un autentico sperpero. State alla larga.


Una tranquilla vacanza sta per trasformarsi in un vero e proprio incubo. Quando Orlando parte per un viaggio in Toscana insieme a Elise, la sua compagna, ha tanti propositi per passare dei giorni all’insegna del divertimento: non vede l’ora di dedicarsi al buon vino, al cibo genuino e all’esplorazione di luoghi fuori dalle rotte turistiche consuete. Ma sulla strada, durante una sosta nel piccolo paese di Borgoladro, l’allegria lascia spazio al sospetto. Nel piccolo insediamento di case arroccato sulle colline e abitato da vecchi pensionati si respira un’atmosfera sinistra. Difficile capirne la ragione: ma a un certo punto è chiaro che Orlando ed Elise non sono ospiti graditi e ben presto la vacanza rilassante tanto agognata si trasforma in un incubo da cui sembra impossibile svegliarsi… Chi ha detto che la provincia sia rassicurante? Nel piccolo paese di Borgoladro nulla è come sembra «In un contesto che potrebbe essere idilliaco – le colline toscane sotto un bel cielo limpido – si scatena una ferocia che non dà scampo.» «L’autore ha un dono: la capacità di creare l’orrore nella normalità.» «Se cercate un libro che vi tenga svegli e lasci a bocca aperta nel finale, l’avete trovato!»

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5 pensieri riguardo “I misteri di Borgoladro

  1. Ciao, sono l’autore e ti scrivo solo per dirti che mi spiace che il libro non ti sia piaciuto. Purtroppo può succedere, capita anche ai migliori, figuriamoci a me, quindi non ne faccio un cruccio.
    Certo, trovo discutibili alcune tue argomentazioni, ma come dico sempre l’ultima parola spetta al lettore.
    Da parte mia posso solo dire che il romanzo, prima di approdare in Newton, è stato editato da Franco Forte e pubblicato da Delos, e il fatto che Newton stessa si sia poi interessata per acquistarne i diritti, dimostra comunque che del buono c’è.
    Detto questo, accetto la tua recensione negativa, per mia fortuna una delle poche.

    1. Ciao, piacere di conoscerti. Devi perdonarmi per la ferocia della mia recensione che ti ha giustamente indisposto fino a venirmi a cercare in questo blog affatto famoso o popolare. Apprezzo molto il tuo tono pacato, mandarmici sarebbe stato più facile e avresti pure ragione nel farlo. È che il tuo libro mi ha fatto incavolare: hai creato una storia horror interessante e credibile (e nell’horror è difficile) e l’hai resa meno potente cadendo in alcune ingenuità proprio all’inizio quando si crea il patto col lettore. Sì, c’è del buono, e per onestà nei confronti di tutti la farò emergere correggendo a stretto giro questa recensione. Quanto a Franco Forte, le cui qualità sono indiscusse, la mia impressione è che si sobbarchi una mole di lavoro superiore alle umane possibilità e finisca talora per non incidere come e dove dovrebbe. Lo dico perché anche nei miei testi, anche se già passati da un editor prima di arrivare a lui, il suo intervento è stato molto delicato, tanto da farmi desiderare col senno di poi di essere stato trattato con maggiore durezza. Mi struggo per il tuo libro, perché la storia ha la perversa solidità propria di un maestro del terrore che, secondo me hai le potenzialità per essere. Se il tuo prologo non mi avesse preso a schiaffi, probabilmente avrei avuto un atteggiamento meno critico nel prosieguo. Quello, poi nei dialoghi avrei voluto un po’ più di sapore della tua terra ricchissima espressioni argute e spiazzanti. Ma la chiudo qui, rinnovo le mie scuse e mi appresto a ripristinare l’onestà nelle mie esternazioni.

      1. Ma guarda, non ti ho scritto per chiederti di modificare alcunché, e ammetto ieri sera di averti trovato per puro caso navigando su google (ogni tanto lo faccio per trovare quelle notizie sui miei libri che spesso mi sfuggono). Il mio non vuol essere un tono critico, d’altronde non sono King e mai lo sarò, ci tenevo solo a farti sapere che sono uno scrittore onesto, se il libro non è piaciuto non incolpo il lettore ma me stesso per non essere riuscito a creare una storia coinvolgente per tutti. Tutto qua. Sono venuto in pace, non in guerra.

        1. So che non l’hai chiesto, ma io tengo tantissimo all’onestà intellettuale e la mia recensione non è obiettivamente equanime, perché dettata in parte dalla rabbia, e me dispiaccio. Non farò un panegirico, mi limiterò a cercar di essere più obiettivo.

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