L’ultimo segreto di Galileo

di Aristide Bergamasco


È un’emozione strana, diversa, approcciarsi a un libro vero, fatto di carta stampata, scritto da una persona con cui ho condiviso sei anni di lezioni all’università.

Il problema è che considero l’Autore come una persona normale, non come un totem sacro e intoccabile. Questo inevitabilmente mi condiziona: da un lato questo rende la curiosità enorme, dall’altro devo trattenermi con tutte le mie forze dall’accendere il mio implacabile senso critico, e concedere la giusta e sacrosanta sospensione dell’incredulità.

Inizia un altro viaggio. Dove mi porterai, Aristide? Devo dire che mi ha preso. All’inizio un po’ troppi incisi, troppe virgole mi avevano lasciato in dubbio, poi la vicenda entra nel vivo e si fa avvincente.

Se quando finisci un romanzo puoi individuare un personaggio così forte e così ben delineato da desiderare di leggere un altro libro con lui come protagonista allora si può dire che l’Autore ha centrato il bersaglio.

Questo ne ‘L’ultimo segreto di Galileo’ c’è: Alessandro Vinci/Notte ti rimane dentro, quindi complimenti dottor Bergamasco!


La microbiologa Rebecca De Cardinale viene coinvolta dal professor Spinelli e dal suo assistente Alessandro Vinci nella ricerca dell’ultimo libro scomparso di Galileo, nel quale si dice che l’illustre astronomo teorizzasse un legame tra le epidemie e i movimenti dei meteoriti. Gli indizi per trovare il manoscritto sono contenuti in tre lettere di Galileo ritrovate da Spinelli, ma quando il professore scompare Rebecca e Alessandro si incaricano della ricerca, in una incalzante lotta contro il tempo per evitare che una catastrofica epidemia colpisca l’intera umanità.

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