M Il figlio del secolo

di Antonio Scurati


Regalato da un caro amico, ora l’ho letto anch’io, o meglio l’ho audioletto. Un’opera corposa, ben documentata, ben scritta e di grandissimo interesse. Provoca un’inquietudine strisciante percepire il reiterato parallelismo fra i fatti degli anni dieci e venti del secolo scorso e taluni accadimenti di oggi, in particolare certi atteggiamenti dei personaggi di spicco delle fazioni politiche che, passano i secoli, ma non sembrano cambiare mai. Gli stessi errori, le stesse preclusioni, la stessa triste tendenza di certa politica di parlare a se stessa e di se stessa, artefice e vittima ad un tempo di un drammatico scollamento dal popolo, dalla base, dalla gente vera e dai problemi reali della nazione e del mondo. Per quanto lettura interessante e doverosa per ogni italiano contemporaneo, “M” è però a mio parere qualcosa di meno di un romanzo: lo sguardo dell’Autore è sempre distante dai fatti, distaccato, cronachistico, più giornalistico che letterario. Rarissimi sono i dialoghi, molto poco si sta vicino o nella testa del duce e degli altri personaggi. L’impressione costante è quella di essere fuori dalla stanza, altrove, e di leggere quanto è accaduto su un quotidiano del giorno prima, di aver perso il momento buono per vivere i fatti in prima persona. Manca insomma il ‘romanzato’, ovvero quella componente aggiunta dall’Autore che dovrebbe generare il sapore della lettura pur senza modificare i fatti. La apprezzabile neutralità che fa sì che l’Autore mai giudichi gli accadimenti, si traduce in una non apprezzabile freddezza del risultato. Fra “M” e un vero romanzo corre la stessa differenza che c’è fra un film e un documentario: è apprezzabile anche il documentario, certo, ma è meno coinvolgente, risulta più freddo, sterile e come tale temo che non resisterà al vaglio del tempo proprio per quel qualcosa di autorale che gli manca. Da leggere, perché è doveroso, perché è l’unico modo per non ricadere negli stessi sciocchi errori del ‘900, ma non da rileggere, perché non dà alcuna gioia.


Lui è come una bestia: sente il tempo che viene. Lo fiuta. E quel che fiuta è un’Italia sfinita, stanca della casta politica, della democrazia in agonia, dei moderati inetti e complici. Allora lui si mette a capo degli irregolari, dei delinquenti, degli incendiari e anche dei “puri”, i più fessi e i più feroci. Lui, invece, in un rapporto di Pubblica Sicurezza del 1919 è descritto come “intelligente, di forte costituzione, benché sifilitico, sensuale, emotivo, audace, facile alle pronte simpatie e antipatie, ambiziosissimo, al fondo sentimentale”. Lui è Benito Mussolini, ex leader socialista cacciato dal partito, agitatore politico indefesso, direttore di un piccolo giornale di opposizione. Sarebbe un personaggio da romanzo se non fosse l’uomo che più d’ogni altro ha marchiato a sangue il corpo dell’Italia. La saggistica ha dissezionato ogni aspetto della sua vita. Nessuno però aveva mai trattato la parabola di Mussolini e del fascismo come se si trattasse di un romanzo. Un romanzo – e questo è il punto cruciale – in cui d’inventato non c’è nulla. Non è inventato nulla del dramma di cui qui si compie il primo atto fatale, tra il 1919 e il 1925: nulla di ciò che Mussolini dice o pensa, nulla dei protagonisti – D’Annunzio, Margherita Sarfatti, un Matteotti stupefacente per il coraggio come per le ossessioni che lo divorano – né della pletora di squadristi, Arditi, socialisti, anarchici che sembrerebbero partoriti da uno sceneggiatore in stato di sovreccitazione creativa. Il risultato è un romanzo documentario impressionante non soltanto per la sterminata quantità di fonti a cui l’autore attinge, ma soprattutto per l’effetto che produce. Fatti dei quali credevamo di sapere tutto, una volta illuminati dal talento del romanziere, producono una storia che suona inaudita e un’opera senza precedenti nella letteratura italiana. Raccontando il fascismo come un romanzo, per la prima volta dall’interno e senza nessun filtro politico o ideologico, Scurati svela una realtà rimossa da decenni e di fatto rifonda il nostro antifascismo.

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