Erano stati giorni terribili

Da un esercizio svolto ne ‘I Parolanti‘ e pubblicato nel relativo blog.
(qui il collegamento)
Bisognava scrivere qualcosa basandosi sulla #parolaregina: ‘luce’


Erano stati giorni terribili. La pioggia era caduta incessantemente per due settimane. A
lui non era restato altro che fissare i suoi raccolti dalla finestra, con la consapevolezza che sotto quel diluvio le giovani piantine stavano marcendo. Giorni e giorni di lavoro sprecato e avrebbe dovuto ricominciare da capo, arare, seminare il tardivo, le cui sementi costavano di più, e poi sperare in un tempo più clemente. Il solo tragitto che poteva fare, sotto quel cielo nero e incombente, era fino alla stalla, per dare da mangiare ai buoi che fissavano il cielo tristi fuori dalla finestrella. Condividevano il suo umore cupo? Difficile cogliere le sfumature negli sguardi perennemente afflitti dei bovini. Sua moglie stava mescolando una zuppa sul braciere. Niente come un fuoco scoppiettante e una minestra calda per scacciare quell’umidità che penetrava la pelle e poi la carne fino a far dolere le ossa. Ormai gli occhi si erano abituati. La luce più forte che vedevano da giorni era la fiamma del lume, fioca e giallognola. Erano quattordici giorni di oscurità perenne quelli che aveva patito senza poter far nulla. Anche quel giorno stava finendo senza che la pioggia desse tregua. Ma forse… Piegò la testa per sentire meglio. L’incessante ticchettio sul tetto aveva cambiato ritmo, si stava diradando. Forse stava finendo. Quasi non osava sperarci, ma si riscosse e uscì nell’aia. A ovest, sotto la cortina di nubi che oscurava il cielo in ogni direzione, stava spuntando un sole rosso che incendiava il cielo. Lo fissò con sguardo avido, mentre gli occhi gli dolevano per lo sforzo. Lacrimava, un’acuta fitta gli perforava la fronte, ma lui resisteva. Perché quella luce benefica doveva provocare dolore, si chiese, mentre resisteva dal portare una mano davanti agli occhi per proteggersene. Voleva bere tutto quel tepore, quella luce imperiosa prima che il sole sparisse dietro i monti in lontananza. Quando se ne fu saziato e il sole tramontò, ritornò in casa con l’umore lieto. L’indomani avrebbe potuto riprendere il lavoro, e tanto gli bastava.

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