È così che si fa

di Giulia Rossi


Succede alle volte che un libro ti incuriosisca per la sua sinossi. Magari lo acquisti in un impulso improvviso. Magari lo cominci e di colpo salta posizioni su posizioni nella tua chilometrica coda di lettura. Magari succedesse più spesso e a più persone… Ecco, fra me ed ‘È così che si fa’ è successo esattamente questo: un improbabile colpo di fulmine. Autrice donna, copertina näif, nulla lasciava presagire una possibile attrazione. Ma poi scopro che il protagonista è un giovane uomo di questa generazione di italiani a cui sono stati tolti tutti i punti di riferimento. Interessante. E questo tizio perde una lettera-confessione scritta di getto che, ritrovata, diventa virale e costringe lui, e noi con lui, ad affrontare le piccole tragedie che hanno costellato la sua vita. Niente di che, cose che potrebbero succedere ad ognuno di noi. Nel frattempo si viene conquistati da una prosa semplice e fluida, con un’elegante alternanza di raccontato, dialoghi, considerazioni. Purtroppo la relazione col libro non procede in modo così roseo fino alla fine. Dalla metà, dopo i quaranta minuti di applausi per Federico che sbotta riversando sano buonsenso sulle menti di un circolo di bigotti, prevale un’ansia statica, succede poco e viene rivelato ancor meno che già non si sappia, proliferano le considerazioni a scapito di eventi di qualsiasi interesse. Così si scivola verso un finale che, lungi da me il desiderio di rivelarlo, si limita a essere semplicemente l’unico possibile. Il tema della moglie che scopre quanto deve scoprire è tirato un po’ via, un’occasione di interesse mancata, lo stesso Federico diviene via via più stinto e opaco, la lolita di turno dimostra quarti di saggezza improbabili, il caso dà una mano e tutto raggiunge la sua conclusione. Così, alla fine, con questo libro ci si lascia un po’ per noia, con il rimpianto di una relazione che è stata bella, ma poteva essere migliore. Da leggere, non da rileggere, rimane un esordio per lo meno incoraggiante di un’Autrice da tenere d’occhio.


Se chiedessimo al professor Federico Gastaldi quando tutto è cominciato, risponderebbe d’istinto: «Quel pomeriggio d’ottobre. Proprio nel momento in cui mia moglie aveva più bisogno di me, io ero fuori casa, avevo altro per la testa, e non ho nemmeno sentito il telefonino che squillava a vuoto. Da allora, mi è andato tutto storto, e io ho commesso fin troppi sbagli…» Questo romanzo, invece, inizia qualche mese dopo, una mattina di maggio, quando a scuola – un liceo classico di una cittadina di provincia – viene trovato un biglietto anonimo che subito viene fotografato e condiviso sulle chat di WhatsApp. È una confessione, uno sfogo, forse una lettera d’addio. L’autore è di sicuro uno studente, ma chi? L’ultimo a sapere dell’accaduto è come al solito Federico, che tornato a casa si accorge di avere il telefono pieno di notifiche. Legge i messaggi allarmati dei colleghi, infila la mano nella tasca dei pantaloni e impreca… Ha perso quello stupido biglietto, scritto di getto all’alba, e proprio nei corridoi della scuola! Nel giro di un paio di giorni, il biglietto diventa virale su Facebook e la storia monta a tal punto da interessare persino giornali e televisione. Ma un risvolto positivo in questa faccenda c’è. Mentre è freneticamente impegnato a proteggere la sua vita privata dalla curiosità dei social, Federico è finalmente costretto ad affrontare tutto ciò che è accaduto da quel famoso pomeriggio di ottobre a quella mattina di maggio. E così anche noi lettori, rivelazione dopo rivelazione, impareremo a conoscere davvero Federico, un brav’uomo che si è scoperto fin troppo fragile, al punto da commettere un ultimo, imperdonabile errore. Vittoria, una moglie allo stesso tempo presente e assente. E Matilde, una studentessa diversa dalle altre: testarda, intelligente e… innamorata. E assieme a loro ci renderemo conto che non c’è più posto per alibi, bugie e scorciatoie. Perché tutti noi sbagliamo nella vita, l’importante è trovare il modo giusto di riscattarci.

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