Il commissario Bordelli

di Marco Vichi


La mia perenne recherche del thriller perfetto mi ha portato al primo libro della serie, di cui il più bello mi dicono essere ‘Morte a Firenze’. Ci arriverò, ma anche qui siamo ad alto livello.

Il caldo in cui vive il commissario lo senti, il personaggio lo ami fin da subito. Forse non ho percepito tanto Firenze, città che amo e conosco, ma per il resto ho apprezzato moltissimo lo stile, il ritmo rilassato da polizia d’altri tempi, che fa un po’ Simenon (e non può essere che un complimento).

L’indagine è centrale ma non così fondamentale, sovrastata dalla grande capacità di Vichi di raccontare, di delineare i personaggi, proprio tutti. Così i ‘cattivi’ sono persone piccole, tipiche di quell’Italietta degli anni sessanta, i vecchi nobili fiorentini sono tutti ricordi di antichi fasti e ragnatele.

È un libro che lascia un buon sapore, quello dell’umanità e del naturale senso della giustizia, ma soprattutto dell’ingiustizia, di cui Franco Bordelli è dotato. Quello delle serate fra amici, del cameratismo che gli fa accogliere Piras, figlio di un compagno d’armi, quasi come fosse figlio suo. Quello dell’amicizia folle e contrastata col cugino, corpo estraneo nella vicenda, ma che ci sta nel caratterizzare il protagonista.

Non amo particolarmente le serie, ma mi sa che quella del commissario Bordelli la leggerò tutta, e così consiglio anche a voi.


Firenze, estate 1963. Nella stanza da letto di una villa settecentesca viene ritrovato il corpo senza vita di un’anziana signora. Sul comodino, un bicchiere con tracce di un medicinale contro l’asma. Il commissario Bordelli, cinquantenne, scapolo, ex partigiano, amico di ladri e prostitute, viene chiamato a guidare le indagini…

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