Il metodo del dottor Fonseca

di Andrea Vitali


Sulla prosa di Vitali c’è poco da dire: leggera, piacevole, frizzante, si conferma anche in questo libro che esce dagli schemi consueti dell’autore, che si cimenta in un poliziesco-thriller in prima persona. Fuori dagli schemi vuol dire anche fuori dalla zona di comfort, e l’esperimento regge per più di metà del libro nel seguire le vicende di un ispettore in un momento buio della carriera che viene mandato a risolvere un caso di omicidio già quasi risolto in un remoto paesino di montagna. Seguirlo è gustoso, mentre si allontana dagli stereotipi del genere indagando in maniera disordinata e istintiva. Tutto bene finché… la telepatia! Qui i poveri van Dine e Knox si rivoltano nella tomba, perché l’aiuto soprannaturale diventa l’elemento chiave di un’indagine che fino ad allora mancava completamente di sostanza. Proviamo a sdoganare la telepatia, ma poco dopo emerge un altro, ingombrante, deus ex machina: il dottor Fonseca, fino ad allora mai visto o sentito, in una situazione che non voglio rivelare, fa un lunghissimo pippone esplicativo (nuova questa cosa del cattivo che spiega le sue ragioni prima di uccidere il protagonista…) in cui ci rivela tutto e di più. Immagino lo stupore dell’ispettore che fino a poco prima veleggiava a miglia e miglia dalla verità. E infine, terzo deus ex machina! Arriva un personaggio inaspettato, spinto da messaggi telepatici, a salvare la situazione. Sic. Ora, sulla capacità di Vitali di scrivere e intrattenere non ritengo si debba discutere, sulla capacità di costruire trame gialle però non mi trattengo dal dubitare. La costruzione è fragile e si puntella su boutade da avanspettacolo che alla fine lasciano l’amaro in bocca per quello che potrebbe essere stato. Altro che Dürrenmatt! Non è un giallo degno di questo nome e, non avendo altri spunti di interesse, sono ancora qui a chiedermi ‘Se non è un giallo, cos’è?’ Letto e dimenticato.


Dopo mesi trascorsi dietro una scrivania per aver ferito un passante nel corso di una retata, un ispettore viene inviato in un villaggio vicino alla frontiera di cui nemmeno conosceva l’esistenza. Ad attenderlo c’è un caso d’omicidio considerato già risolto. La vittima è una donna che conduceva un’esistenza appartata, e il presunto assassino è suo fratello, un giovane con disturbi mentali che abitava insieme a lei e che ora è scomparso. Facile, forse troppo. Magari è solo suggestione, magari dipende dal paesaggio, bello e violento, o magari è la presenza inquietante della clinica che sorge sul confine, nella «terra morta», un centro specializzato in interventi disperati, ma in quel luogo c’è qualcosa che non torna. Nella pensione che lo ospita l’investigatore fa conoscenza con alcuni personaggi quantomeno singolari, e a poco a poco davanti ai suoi occhi si apre uno scenario che nessuno avrebbe mai immaginato. Insospettabile anche per il potentissimo capo dell’agenzia governativa che gli ha affidato l’indagine: un funzionario spaventoso e ridicolo al tempo stesso, che dietro le spalle tutti chiamano «il Maiale».

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