Miele

di Ian McEwan


Dopo la delusione di “Macchine come me” ho voluto riprovare un libro di McEwan. Inizialmente tutto bene, la storia parte interessante grazie al fatto che la protagonista narrante dichiara di appartenere all’MI5, il servizio segreto per gli interni di Sua Maestà. Dopo non molto, però, mi sono ritrovato a seguire una storia fra giovane studentessa e professore che sa tanto di già visto e sono ricomparsi alcuni topoi, che evidentemente fanno parte del mondo dell’Autore, e che mi disturbano. I personaggi sono fondamentalmente vuoti, abulici, privi di veri sentimenti, concentrati sulle loro piccolezze nonostante intorno a loro accadano cose molto più rilevanti. Si trascinano nelle loro vite grigie vivendo in case piccole e squallide, le cui misure ridotte sono insistentemente specificate, cadono in relazioni che non sono amori, ne escono con la stessa insensata insensibilità con cui si sono entrate. Hanno persino parenti più interessanti di loro. Ma quel che più mi ha infastidito è il catalogo del ‘fare l’amore’. Nel corso della lunga vicenda, la protagonista ci informa con puntualità sistematica di ogni volta che fa sesso e sempre con la medesima espressione: ‘fare l’amore’. Così ci dice di quando lo fanno, l’hanno fatto, lo faranno, ricorda di averlo fatto in passato e pensa a quando lo farà nel futuro, sempre e invariabilmente con questa unica descrizione. Le vicende sono concatenate dalla mera sequenzialità temporale, un po’ come la vita e un po’ come non dovrebbe essere in un romanzo, con lunghi episodi riguardanti gli amori (amori?) intercorsi fra il prof e lo scrittore e personaggi che si perdono e ritornano in modo abbastanza forzato. Si pensi all’amica apprendista spia che all’inizio è brutta, grassa e grossolana e ritorna dopo centinaia di pagine divenuta scrittrice e ridipinta al punto di contendere il fidanzato alla protagonista. Boh! Ciò che di interessante potrebbe esserci, la vicenda spionistica, la guerra fredda culturale, viene volontariamente ridotta a qualcosa di banale e noioso come tutto il resto delle emozioni. Eppure l’anziano prof è una spia, la protagonista è una spia così come l’amica e molti dei personaggi/colleghi, ma niente: lo spionaggio di McEwan è noioso. Non bastano l’IRA, la crisi economica, gli scioperi dell’epoca a smuovere i temi sociali da uno sfondo lontano e indistinto. Salvano il libro l’espediente metanarrativo, che arriva alla fine e per questo evito di rivelare, sorprendente e gestito con intelligenza, e i racconti del protagonista maschile, inseriti pari pari o citati diffusamente, che sono piuttosto interessanti. Per il resto un mare di macewaniana piattezza, il che mi fa pensare che passeranno anni prima che trovi il coraggio di affrontare un altro suo libro.


La prima voce narrante femminile di McEwan dall’epoca di “Espiazione”, Serena Frome, è una figlia degli anni Sessanta senza slogan né rivoluzioni, una figlia borghese cresciuta dal padre vescovo entro i confini protetti di una cattedrale, lontana dalle inquietudini politiche e sociali che sferzano la Gran Bretagna dei primi anni Settanta. La sua iniziazione al mondo si compie attraverso un amante maturo, docente di storia e amico personale del ministro dell’Interno, che a Serena insegna ad accostare il giusto vino al giusto cibo e a contemperare la baldanzosa lettura di Solzenicyn con quella approfondita di Churchill, e che, prima di sparire misteriosamente dalla sua vita, le spezza il cuore e le regala un mestiere: un incarico all’MI5. Che cosa possono volere ai piani alti della prestigiosa agenzia d’intelligence britannica da una bionda ragazza di buona famiglia con una mediocre preparazione matematica faticosamente rimediata a Cambridge e una prodigiosa, ancorché superficiale, rapidità di lettura? Farne una pedina nella cosiddetta “guerra fredda culturale”: Serena parteciperà all’operazione “Miele”, con la quale l’agenzia intende finanziare occultamente scrittori ritenuti affini alla causa dell’Occidente trasformandoli in inconsapevoli agenti della propaganda anticomunista. Il candidato ideale è individuato in Tom Haley, promettente autore di alcuni apprezzati racconti e di qualche articolo critico nei confronti del blocco sovietico.

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